“Chi attraverso un percorso 'di guarigione' riesce a
riappropriarsi della consapevolezza profonda di chi è veramente e come è
connesso con tutto ciò che lo circonda, allora questa persona è veramente
‘libera’. “
-Chi è il Naturopata
-La professione di Naturopata
-Il consenso informato
Chi è il Naturopata?
Per Naturopatia
si intende un insieme di discipline finalizzate alla conservazione
dell’equilibrio energetico facenti riferimento a metodiche di approccio
naturali ed energetiche codificate nell’ambito di una visione olistica
dell’essere umano.
Il Naturopata è
un operatore professionista che opera autonomamente nel campo della
Naturopatia, che si impegna nella promozione della salute individuale e sociale
attraverso l’utilizzo delle più aggiornate metodiche preventive ed olistiche
non invasive.
Lo scopo
principale della professione del Naturopata non è la cura delle malattie, ma la
promozione dell’equilibrio energetico degli individui attraverso:
1. lo sviluppo
delle potenzialità individuali di prevenzione attraverso l’informazione e
l’educazione alla gestione e al rafforzamento delle proprie risorse fisiche,
psichiche ed emozionali;
2.
l’individuazione del terreno costituzionale dell’individuo per mezzo
dell’osservazione sistematica delle manifestazioni psico-fisiche, delle
predisposizioni agli squilibri bioenergetici, nonché la valutazione della
sintomatologia relativa a squilibri che si sono già instaurati;
3. il
riequilibrio degli eventuali squilibri energetici, attraverso trattamenti non
invasivi mirati a stimolare le
potenzialità di autoguarigione dell’organismo umano.
Ciò che caratterizza l’operato del Naturopata è l’approccio in qualità consulente per la salute, che mira in
primo luogo alla prevenzione primaria e, ove il caso lo richieda, ad interventi
di applicazione di discipline naturali ed olistiche, non invasive e di sostegno
al riequilibrio energetico dell’individuo.
Le
discipline olistiche, di cui si avvale la Naturopatia, si rifanno ad una
visione dell’uomo, della salute e della malattia che raramente trova punti di
contatto con la medicina convenzionale.
Iniziando ad utilizzare le discipline naturali olistiche, le
persone si trovano ad intraprendere un cammino di trasformazione che coinvolge
non solo il corpo e quindi il piano fisico, ma anche la mente e lo spirito. Si viaggia su binari completamente diversi da quelli noti a chi
utilizza la medicina convenzionale: i termini “diagnosi” e “terapia” non sono
adatti alle tappe di questo cammino. Non è il pericolo di sconfinamento in
competenze di altre professioni che li rende inadatti, ma l’approccio stesso
che richiede nuovi modi di pensare.
L’operatore che
utilizza le discipline naturali olistiche ed energetiche, per essere veramente
Naturopata non può limitare la sua attenzione ad alcune discipline specifiche,
ma si interessa della natura nel senso più completo del termine, migliora
continuamente le sue conoscenze professionali ed inserisce la propria attività
in una prospettiva di evoluzione personale.
L’uomo viene
studiato nelle diverse discipline naturopatiche secondo schemi e termini a loro
propri e differenti tra una disciplina e l’altra. Le classificazioni a cui si
ricorre nella medicina ayurvedica sono diverse da quelle nella medicina
tradizionale cinese, da quelle della omeopatia o di altre discipline. Tuttavia, il minimo comune denominatore di
queste discipline è che:
agiscono sulla globalità dell’uomo (corpo, mente e spirito) e
per questo sono dette olistiche;
agiscono stimolando il riequilibrio energetico e per questo sono
dette energetiche;
non immettono nell’organismo ciò che in teoria sembra mancare,
ma risvegliano la memoria dell’equilibrio originario codificato in tutti gli
esseri viventi;
il Naturopata utilizza i sintomi per interpretare lo squilibrio
energetico che si sta manifestando e non li sopprime;
per ottenere un
efficace recupero della salute le persone vengono responsabilizzate e rese
partecipi del percorso che hanno intrapreso utilizzando la Naturopatia; viene
in tal modo scoraggiata la dipendenza che nasce dall’idea che la salute sia un
fatto ottenibile attraverso la tecnologia e quindi nelle mani di tecnici
specializzati;
i criteri che
vengono utilizzati dalle discipline usate in Naturopatia premettono di
evidenziare uno squilibrio prima che si manifesti in termini patologici;
la possibilità di
intervenire in modo dolce ed efficace scongiurando magari interventi chirurgici
o terapie drastiche;
la persona viene
accettata nella totalità delle sue manifestazioni e con l’operatore si
stabilisce un contatto spirituale, nel senso di profonda empatia.
Il Naturopata,
quindi, fonda il proprio operare su delle basi multidisciplinari, che tendono a
coprire il più possibile lo spettro energetico dell’essere vivente, da quello
fisico a quello più sottile e spirituale. Fondamentale è lo studio della
Biotipologia come indagine conoscitiva dell’aspetto morfo-antropometrico del
biotipo, dell’aspetto neuro-endocrino- metabolico, e inoltre di quello
caratteriale e psicologico. Ciò è essenziale per il Naturopata e per il Medico
Olista per una diagnosi di terreno, su cui poter lavorare con rimedi naturali.
Ciascuna disciplina pur avendo un effetto globale sulla persona, espleta la sua
azione in maniera particolarmente efficace in un particolare campo energetico
di sua pertinenza. Ad esempio, le tecniche olistiche di manipolazione pur
essendo efficaci in modo globale, realizzano il massimo della loro azione ad un
livello energetico molto diverso da quello di rimedi vibrazionali, come ad
esempio i Fiori di Bach.
Il Naturopata
potrà perfezionare il suo intervento energetico se sarà in grado di:
1. di riconoscere
la qualità dello squilibrio su cui deve operare e, successivamente,
2. di abbinare
quella disciplina del suo bagaglio multidisciplinare, che più si adatta a
interagire in termini di efficacia e tempestività con lo stato della persona.
La Naturopatia
pone la persona, con tutta la sua ricchezza interiore, al centro
dell’attenzione e non solo il suo corpo o una sua parte. Questo aspetto è
socialmente rivoluzionario, perché permette di interpretare e riequilibrare in
modo profondo, ma graduale e rispettoso della persona, anche problematiche di
comportamenti estremi.
Il concetto che
in noi ci sia il messaggio dell’equilibrio ottimale a cui possiamo ritornare,
ha come conseguenza che la salute sia un obiettivo da raggiungere e non da
inscrivere ex novo in soggetti per così dire “difettati”.
La Naturopatia
opera una purificazione energetica nelle persone, che poi si traduce in
risoluzione di problemi al presente e prevenzione di quelli in divenire; molto
spesso i trattamenti si diradano nel tempo e diventano necessari solo quelli di
“richiamo”, per poi diventare controlli di sicurezza. Questo è possibile se in
parallelo si è portato avanti un discorso di educazione alla salute, che è il
cardine fondamentale per diventare autonomi e responsabile riguardo al proprio
stato.
La maggiore
responsabilizzazione riguardo il nostro modo di vivere va a toccare anche il
nostro modo di essere cittadini. Diventando consapevoli di come noi possiamo
intervenire positivamente o negativamente nell’ambito della nostra salute, lo
diventiamo anche per quello che riguarda le nostre relazioni e infine il nostro
far parte della società.
Il percorso del
riequilibrio energetico, se avviato prima che le condizioni di salute siano
compromesse, porta a conquiste entusiasmanti e durevoli, molto spesso anche
definitive; questo con interventi semplici e rimedi (quando la Naturopatia è
applicata seriamente ed onestamente) non costosi.
In termini di
rischi e di costi della sanità che gravano sulla società, è sicuramente un
grande vantaggio la maggior diffusione delle discipline naturali olistiche,
praticate da professionisti capaci e convinti dell’importanza della loro
attività.
L’impatto reale
che tali discipline hanno sulla società è di dimostrare concretamente che una
visione non puramente materialistica o “meccanicistica” dell’essere umano può
riportare alla salute, con un senso di benessere globale e quindi funzionare.
La professione di
Naturopata
Si tratta di
aspetti legali e di regole da seguire per chi vuole iniziare l'attività
lavorativa anche in assenza di una adeguata regolamentazione al riguardo.
Tutela
legislativa, inquadramento giuridico, apertura attività lavorativa
1. Tutela
legislativa
Le prime
difficoltà che di solito il Naturopata neodiplomato deve affrontare sono quelle
relative allo svolgimento della libera professione. Tali difficoltà sono dovute
al fatto che in Italia non esiste un riconoscimento da parte dello Stato della
professione di 'Naturopata'. Di conseguenza, il diploma rilasciato dalle scuole
di Naturopatia in Italia non ha alcun valore legale in quanto l'attività
lavorativa non fa parte di quelle già riconosciute dallo Stato (professioni
vere e proprie). In Italia, la regolamentazione avviene mediante approvazione
da parte dello Stato e la creazione di Albi professionali ufficiali (legge del
1939). Spesso viene ostentata da varie scuole di naturopatia
l'"affiliazione" o gemellaggio con organismi esteri (gemellaggi con
vari enti rappresentanti professionisti in discipline naturopatiche di una
nazione estera). Sfortunatamente tale connubio non aiuta nell'attuale
situazione italiana in quanto comunque lo Stato deve riconoscere lo 'status'
professionale di diplomati da scuole gemellate. Diverso è il caso in cui si
consegua un diploma in Naturopatia all'estero: a causa della libera
circolazione dei lavoratori nella CEE (esistono delle direttive esplicite della
CEE in merito) il terapeuta può esercitare la sua attività in Italia. Il
conseguimento di un diploma estero è di solito costoso e difficile e, comunque
pur consentendo di lavorare, non comporta un 'status' diverso da diplomati in
Italia fino a che, ancora una volta, lo Stato italiano non riconosca
ufficialmente l'attività lavorativa come professione.
Si pone allora la
domanda: può il Naturopata diplomato lavorare in Italia? La risposta è
sicuramente affermativa: nonostante il vuoto legislativo in Italia, il
Naturopata può liberamente esercitare la sua attività lavorativa (anche se non
regolamentata come 'professione'). Tale attività è un diritto garantito dalla
Costituzione a patto che, come ovvio, le leggi già esistenti in materia vengano
rispettate.
Vediamo più in
dettaglio casa significa 'garanzia costituzionale'. La Costituzione garantisce
in maniera generica a tutti i cittadini, compreso chi vuole esercitare la
Naturopatia, innanzitutto:
- la parità di
dignità Sociale e l'uguaglianza di fronte alla legge (art. 3)
- il diritto del
cittadino al lavoro, come diritto di libertà, ossia di scegliere liberamente il
proprio mestiere (art. 4)
- tutelandolo in
tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35).
- riconoscendogli
il diritto ad una retribuzione appropriata alla quantità e qualità del lavoro
prestato nell'ambito del criterio di libertà dell'iniziativa economica privata,
sancita dall'art. 41.
Ogni forma di
prestazione lavorativa anche se regolamentata dalla legge generale o da leggi
particolari trova la sua tutela nella Costituzione. Il Naturopata può quindi
espletare la sua attività lavorativa in quanto garantita dalla Costituzione
come libera iniziativa del cittadino. Ulteriore conferma della legittimità
dell'attività lavorativa viene da alcuni articoli del Codice Civile:
l'art. 2060 tutela il lavoro autonomo,
nella sua forma di contratto d'opera e di professione intellettuale, nella quale
la dottrina, seguita dalla giurisprudenza, comprende l'attività medica e tutte
le attività o professioni sanitarie ausiliari. Questo articolo riprende il
principio della Costituzione (art. 39) della tutela della dignità lavorativa in
ogni sua forma organizzativa, esecutiva, intellettuale, manuale. Ciò vale anche
per le associazioni che rappresentano i lavoratori, lasciate libere di
autogovernarsi e autodeterminarsi su basi democratiche per tutelare gli
interessi degli iscritti.
- l'art. 2061 stabilisce il principio
inderogabile secondo cui solo leggi speciali possono regolamentare (e quindi
impedire o limitare, n.d.r.) le varie categorie di lavoratori che svolgono la
propria attività con carattere professionale. Nulla dice a proposito delle
categorie di lavoratori diversamente qualificabili (e quindi liberi di svolgere
senza limiti le proprie attività).
- l'art. 2229 attribuisce solo alla legge
il potere di determinare e limitare le professioni intellettuali per
l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi elenchi o albi.
Ciò significa che esiste il divieto di estensione analogica delle norme
speciali a categorie di cittadini diverse da quelle regolamentate dalla legge
(in altre parole non si possono applicare le regole approvate per una
professione ad un'altra, anche se simile o appartenente allo stesso campo di
attività)
Conclusioni: l'attività del Naturopata
trova una completa tutela nel contesto legislativo attuale sia singolarmente
come attività lavorativa in proprio sia inserita in una fase associativa che si
organizzi per tutelare i propri iscritti. Il limite di esercizio può aversi
solo se posto da una specifica legge che lo prevede espressamente e lo
disciplini, altrimenti lo svolgimento di tale attività non ha limiti (a patto
che non si violi le leggi esistenti).
2. Limiti e norme di riferimento
Nella prima parte di questo intervento si
sono esaminate le basi costituzionali e del Codice Civile che su cui basare la
legittimità della professione di Naturopata. Una ulteriore convalida è data
dalla sentenza della Corte di cassazione 10.4.1980 n° 2305. Tale sentenza
conferma che nella categoria generale delle professioni intellettuali solo
quelle determinate dalla legge sono tipizzate ed assoggettate all'iscrizione in
albi ed elenchi (le cosiddette professioni protette); all'infuori di queste vi
sono non solo professioni intellettuali caratterizzate per il loro specifico
contenuto, ma anche prestazioni di contenuto professionale non specificatamente
caratterizzate che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo.
In quest'ultimo gruppo rientra a pieno titolo il lavoro autonomo del
Naturopata.
L'attività del Naturopata italiano,
inoltre, può essere svolta senza problemi anche a livello dell'Europa
comunitaria. Se l'Italia non ha disciplinato separatamente l'esercizio
dell'attività del Naturopata, senza porre alcuna limitazione specifica né di
ordine pubblico né di pubblica sicurezza né di sanità pubblica e se, per gran
parte dell'Europa, tale attività è stata distintamente regolamentata, il
Naturopata italiano potrà senza dubbio svolgere la propria attività negli stati
della CEE, naturalmente osservandone le regole specifiche a seconda del paese.
La libera circolazione dei lavoratori all'interno della CEE e' garantita dalle
circolari CEE emesse in proposito (Direttiva CEE 89/48 e Direttiva CEE 92/51) e
relativi decreti di attuazione da parte dello Stato italiano (Decreto
Legislativo 27.1.92, n° 115 e Decreto Legislativo 2.5.94 n° 319,
rispettivamente)
I limiti dell'attività lavorativa del
Naturopata sono quelli stabiliti dalle leggi che definiscono le attività
professionali protette: ogni violazione in quel senso è penalmente
perseguibile. Il Naturopata non potrà, come ogni altro lavoratore del resto,
sconfinare nelle attività lavorative proprie di altre professioni riconosciute e
regolamentate per legge. Due sono le caratteristiche del reato:
- la continuità della prestazione non
pertinente alla propria attività lavorativa (anche se solo una prestazione può
essere sufficiente)
- la consapevolezza di esercitare una
professione abilitata indebitamente
Vediamo di esaminare nel dettaglio queste
due caratteristiche.
Per non incorrere nel primo tipo di reato,
il Naturopata quindi non deve invadere le professioni già esistenti, tra le
quali quella del
- medico: non può fare 'cura' e 'diagnosi'
secondo le modalità tipiche della medicina ufficiale e non può curare o
dispensare terapie mediante farmaci o strumenti propri della professione medica
perché tale è, appunto, il compito del medico
- farmacista, non dare rimedi o farmaci che
sono dispensati per legge dal farmacista
In questo modo non si incorre nella
violazione dell'art. 348 del Codice Penale che vieta lo svolgimento della
attività professionale medico-sanitaria a personale non medico (al di fuori
cioè del personale ufficialmente autorizzato ed iscritto all'albo
professionale)
E' il malato che, dopo essere andato dal
medico, di sua iniziativa ossia senza l'interferenza di nessuno, provvisto
della diagnosi di questi, deve scegliere liberamente di consultare il
Naturopata per chiedergli di aiutarlo con metodi naturali .
Se l'attività del Naturopata è
qualificabile come meramente alternativa e complementare a quella del medico
tradizionale (senza sovrapposizione qualsivoglia parziali), allora tale attività
è consentita ed è suscettibile di remunerazione poiché ciò rientra nella regola
generale costituzionalmente garantita della libertà di svolgere attività
lavorativa. Tale principio è stato confermato dalla sentenza della Corte
Costituzionale del 2.2.1988 n° 149.
La seconda caratteristica (oltre a quella
della continuità dell'esercizio lavorativo pertinente ad altri professionisti)
quella della consapevolezza di sovrapporsi indebitamente ad una professione
abilità. Questo punto ha un doppio aspetto: la coscienza di non dover abusare
della professione altrui non è sufficiente per un regolare esercizio della
professione. Non solo chi esercita deve essere consapevole di non abusare di
una professione già regolamentata ma altresì la persona che si rivolge al
Naturopata deve essere informata che l'intervento di riequilibrio del
Naturopata non è non sostituisce l'intervento del medico tradizionale. Ciò
implica tra l'altro che al paziente non deve essere detto di interrompere una
terapia eventualmente prescritta dal medico e deve essere incoraggiato a
sottoporsi ad esame di controllo a seguito dell'intervento del medico.
· Il Naturopata deve assicurarsi che ogni
possibile equivoco venga eliminato in modo palese. E' necessario quindi che il
paziente venga informato in modo chiaro e non ci sia il presupposto di equivoci
e di apparente circonvenzione del cliente.
Conclusioni:
l'attività del Naturopata trova tutela a livello non solo nazionale ma anche a
livello dell'Europa Comunitaria. Inoltre, il Naturopata può esercitare la
propria professione nei limiti imposti dalle professioni già riconosciute, cioè
non può sovrapporre la propria attività (modalità e strumenti) in nessun modo a
quella spettante alle altre professioni già regolamentate.
3. Regole pratiche
In questa parte
si parlerà delle regole pratiche necessarie per iniziare un'attività
professionale.
Si è concluso
nella parte precedente che il Naturopata deve assicurarsi che nel rapporto tra
terapeuta e soggetto assistito ogni possibile equivoco venga eliminato in modo
palese. E' necessario quindi che nel suo studio, sotto una forma idonea, venga
espressa chiaramente al cliente la nozione che lui non si trova in uno studio
medico e che non verranno attuati interventi di tipo medico. La cosa migliore è
quella di porre il cliente nella posizione di esprimere un suo consenso
informato. Questo può essere fatto, attraverso un foglio di carta intestata su
cui possono venire annotati i risultati delle indagine di riequilibrio
energetico e le modalità di correzione degli squilibri.
· Tale foglio deve essere controfirmato
da parte della persona assistita, la quale in questo modo conferma:
di essere venuta
a conoscenza della sua situazione energetica (e non della sua malattia).
che un Naturopata
(e non un medico) ha effettuato tale studio;
che il conseguente intervento di
riequilibrio è di tipo energetico (e non è e non sostituisce alcuna terapia di
tipo medico)
che i rimedi consigliati agiscono a livello
energetico (non sono farmaci).
La controfirma su
tale foglio recante i risultati dell'intervento scagiona il Naturopata da
qualsiasi accusa di vilipendio, oltraggio o circonvenzione.
Per aprire uno
studio sono quindi fondamentali le seguenti condizioni, dato per scontato, come
abbiamo visto, che dal punto di vista legislativo il Naturopata ha tutto il
diritto di esercitare la propria attività come libera iniziativa individuale:
una locazione: le cui attrezzature devono
essere in accordo con l'attività che vi si svolge e di dimensioni adeguate per
comprendere un locale ad uso "studio", uno "sala d'attesa"
e una toilette e comunque in accordo con le normative di legge vigenti;
apertura della partita IVA: il lavoratore
deve pagare le tasse come qualsiasi altro cittadino. L'iscrizione può essere
fatta sotto la dizione 'Attività sanitaria non meglio specificata' oppure come
sotto la voce "Altre, varie: Consulente scientifico in Riflessologia,
Iridologia, ecc." (a seconda di quello che si vuole specificare). E' da
notare che la prima dicitura comporta la presenza di un direttore sanitario,
che si tratta di un medico. Per cui tale dicitura può essere utile a chi apre
uno studio insieme ad un medico o all'interno di un multi laboratorio o multi
studio con medici la cui posizione è in grado di assumere il ruolo di direttore
sanitario. Nel secondo caso si è completamente autonomi e sganciati da tutti i
vincoli e si evita il richiamo al settore sanitario che in Italia invita subito
le autorità a sospettare possibili violazioni. In alcuni casi, al momento
dell'apertura di uno studio, è stata fatta un'esplicita domanda alla ASL locale
affinché controlli che non viene svolta attività medica o paramedica.
L'ASL dopo il
controllo ha rilasciato un attestato in cui si conferma la presenza di attività
di carattere non medico. Questo può essere molto utile a garantire l'assenza di
altri eventuali controlli o denunce. Infatti, l'ASL ha comunque sempre il
diritto e potere di controllare qualsiasi attività che possa sembrare di
carattere sanitario. Dipende dalla persona e dalla situazione di giudicare se
sia il caso o no di richiedere esplicitamente tali controlli. In pratica,
quando sono stati richiesti hanno tutti avuto una risposta positiva da parte
della ASL.
Un Codice Deontologico di comportamento
che regoli il corretto svolgersi delle attività. Oltre a definire le regole
etiche di riferimento, esso ha lo scopo di evitare in maniera netta di sconfinare
su attività che spettano ad altre professioni
La pubblicità (ad es. biglietti da visita,
foglietti illustrativi, ecc.) deve essere fatta in maniera opportuna, efficace
e diretta. Da qualche parte si dovrebbe comunque accennare che le attività dello
studio non sono e non hanno carattere medico.
Adesione ad una Associazione Professionale
di riferimento, che tuteli la qualità dell'attività dei colleghi (esame di
ammissione, corsi di aggiornamento, assicurazione, assistenza legale, ecc.) e
soprattutto garantisca al cliente uno standard di qualità di intervento, a
tutela sia del lavoratore sia dell'assistito.
Conclusioni
Le prime 3 parti
hanno riguardato:
La legislatura vigente e la costituzione
tutelano la libera professione. Il Naturopata può liberamente svolgerà la sua
attività lavorativa (parte 1).
In Italia, essendo presenti delle
professioni regolamentate per legge (associate agli Albi Professionali),
l'attività del Naturopata non può e non deve sovrapporsi a quelle degli altri
professionisti già regolamentate (medici, farmacisti, ecc) (parte 2).
Di conseguenza esistono delle regole
pratiche che permettono di aprire uno studio o svolgere la propria attività
senza correre il rischio di sconfinare impropriamente nell'ambito di altre
attività professionali (parte 3).
Per un esercizio
serio e sicuro della professione è indispensabile mettere il cliente in
condizioni di esprimere un consenso informato. Col termine 'consenso' in
biomedicina si intende 'un atto con il quale un soggetto autorizza liberamente
ed intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in azione una determinata
procedura diagnostica, terapeutica o 'sperimentale'. Questo termine serve ad
esprimere un aspetto irrinunciabile della nostra attività professionale che è quello
di far sì che il soggetto riceva informazioni adeguate ed esaurienti in merito
alla procedura, agli strumenti usati e alle loro conseguenze. Il consenso si
basa sulla norma etica fondamentale del rispetto della persona e sul principio
di autonomia. Tale concetto di autonomia si concretizza sulla regola, spesso
dimenticata, che è il soggetto stesso è l'unico protagonista del processo di
guarigione in quanto sua è la piena responsabilità della sua vita e del suo
stato di equilibrio. C'è dunque una stretta connessione con la libertà di
giudicare e scegliere ciò che si ritiene bene per se stessi. La necessità di
ottenere un consenso libero, esplicito ed informato da parte dei soggetti prima
di sottoporli a qualsiasi trattamento non solo di riequilibrio energetico ma
anche di atto medico tradizionale è acquisita ed accettata ormai da decenni,
anche se l'applicazione non è ancora generalizzata e non è sempre attuata
correttamente.
Il consenso è autentico solo se è libero, cioè
esente da qualunque pressione, frode e manipolazione. L'atteggiamento
dell'operatore deve essere dettato dal desiderio di adeguarsi a tali principi,
al di là di ogni possibile coinvolgimento personale interessato (che può
spaziare da quello monetario a quello emotivo e psicologico).
Evidentemente il
consenso deve essere libero e quindi può essere tale solo se è prevista la
possibilità di negarlo. Il rifiuto del consenso è previsto in modo esplicito
dalla Costituzione Italiana nell'art. 32, § 2. L'eccezione a tale regola ed
alle disposizioni di legge si riferisce in particolare a gravi rischi per il
bene comune.
In pratica, sulla
base di questi principi, è importante ottenere un consenso informato scritto da
parte dell'utente. Oltre a costituire un momento di chiarimento e di
approfondimento del rapporto col terapeuta, facente parte, soprattutto, della
stesso atto terapeutico, tale scritto costituisce, come accennato più sopra, un
valido riscontro della leicità dell'attività terapeutica stessa.
Il consenso
informato
Prima parte
Col termine consenso
informato si indica un atto con il quale la persona autorizza liberamente ed
intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in atto una determinata
procedura diagnostica, terapeutica o sperimentale. Si usa l’espressione
‘consenso’ per sottolineare l’aspetto irrinunciabile che il soggetto riceva
informazioni adeguate ed esaurienti. Il consenso si basa sulla norma etica
fondamentale del rispetto della persona e sui principi di autonomia, nel senso
che si deve esser liberi di scegliere quello che si ritiene meglio per se
stessi. Questa libertà è un diritto universale degli esseri viventi.
L’articolo 7 del
Codice Deontologico del Naturopata dell’UNA, intitolato “Auto-responsabilità”,
riprende questi temi nell’affermare che “Colui che si trova in uno stato di
disarmonia energetica è il vero protagonista del percorso di purificazione che
lo potrà ricondurre all'equilibrio. L'individuo deve essere reso consapevole e
partecipe ed è compito del Naturopata adoperarsi per favorirne la
responsabilizzazione riguardo la propria salute.”
Storicamente la
necessità morale di ottenere il consenso del paziente per mettere in atto una
terapia è un fenomeno relativamente recente in quanto era pressoché estranea
alla cultura dominante nel secolo scorso. Solo negli ultimi decenni si è
superato il paternalismo (di derivazione ippocratica) per cui l’operatore
sanitario si sentiva legittimato ad ignorare le scelte del paziente in nome del
mandato ad esplicare l’esercizio della professione. Al modello paternalistico
si è sostituito quello dell’autonomia. Questo passaggio si può chiaramente
osservare comparando fra loro le varie edizioni del Codice deontologico del
medico italiano prodotte nell’ultimo secolo: da un approccio in cui il medico
riteneva di avvicinare un paziente passivo, forse addirittura ritenuto inidoneo
a giudicare autonomamente, si è passati ad un rapporto in cui si presuppone che
la persona sia in grado di comprendere e scegliere. Questo non è l’unico
mutamento dell’etica biomedica ma certamente è uno dei più radicali e
fondamentali. Rimane il problema dell’educazione dell’operatore: l’acquisizione
di una mentalità non paternalistica (termine ottimista in certi casi) da parte
del medico moderno infatti è ancora un traguardo da raggiungere in modo
completo per cui l’epoca attuale si può considerare un periodo di passaggio.
E’ da notare che
l’enunciato del Codice Deontologico del Naturopata va oltre sia la concezione
del secolo scorso sia la concezione etica dell’autonomia del giudizio recepita
dal codice deontologico medico attuale. Infatti, secondo il Naturopata, la
persona che richiede il suo intervento diventa il protagonista del percorso
verso la guarigione: non è più un soggetto passivo, ma non è solo autonomo nel
decidere ma è anche il vero attore. In questo contesto l’operatore sanitario
diventa un fattore di appoggio, quasi di spinta esterna che rimane, appunto,
dietro le quinte indirizzando più che spingendo la persona a percorrere il suo
cammino verso la guarigione: è il concetto di educatore alla salute o di
testimone dei principi che la regolano. Infatti l’art. 7 del Codice conclude
“Il Naturopata opera nella convinzione che solo la piena e consapevole
partecipazione del paziente può produrre il massimo dei risultati sperati. Egli
è, dunque, innanzitutto un educatore alla salute, che cerca di instaurare un
rapporto di consapevole collaborazione attiva e di scoraggiare qualsiasi forma
di dipendenza.”
I fondamenti
etici del consenso informato sono enunciati in diversi documenti nazionali ed
internazionali (riguardanti soprattutto la sperimentazione, dove il consenso diventa
essenziale).
Per esempio, l’art. 5 della 'Convenzione
per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo
alle applicazioni della biologia e medicina' del Consiglio d’Europa del 1996
dice “Un intervento nel campo della salute può essere effettuato solo dopo che
la persona interessata abbia dato il suo consenso libero ed informato”.
L’art. 32/ 2 della Costituzione della
Repubblica Italiana sancisce “Nessuno può essere obbligato ad un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in
ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
I principali aspetti che caratterizzano il
consenso informato sono:
la libertà
l’informazione fornita alla persona
la
capacità (intellettiva, fisica e giuridica) della persona di esprimere
volontariamente il proprio consenso
Seconda parte
Nella prima parte
si è definito il concetto di 'consenso informato', la sua origine storica e le
peculiarità relative all’interpretazione del Codice Deontologico del
Naturopata. Il primo aspetto che caratterizza il consenso informato è la
libertà.
Il consenso è
autentico solo se libero, cioè assente da qualsiasi pressione, frode o
manipolazione. Occorre quindi garantire la massima libertà possibile del
consenso. I soggetti sottoposti a pratiche sanitarie possono subire pressioni
(e talvolta vere e proprie coercizioni) da parte del contesto sociale,
culturale e familiare e perfino dalle stesse strutture sanitarie.
(Per esempio, in quest’ultimo caso ci si
riferisce alla presenza di leggi che impongono un trattamento sanitario a certi
individui o gruppi di individui in condizioni particolari, vedi ad esempio le
vaccinazioni obbligatorie per i bambini come per gruppi di lavoratori a rischio).
A tutto ciò deve in qualche modo porre rimedio l’operatore il quale può
legittimamente cercare di mostrare al suo assistito ciò che si presenta la cosa
migliore da fare, sulla base di evidenze oggettive.
Una condizione di
totale autonomia (ovvero assenza di ogni influenza esterna, completa
comprensione di ogni aspetto della situazione) è impossibile da realizzarsi.
Questa condizione di ‘libertà’ (dell’assistito, ma anche del terapeuta) è la
meta da realizzare, più che una condizione di partenza: chi attraverso un
percorso 'di guarigione' riesce a riappropriarsi della consapevolezza profonda
di chi è veramente e come è connesso con tutto ciò che lo circonda, allora
questa persona è veramente ‘libera’. E’ la libertà citata dal Dott. E. Bach (ai
libri del quale si rimanda vivamente per un preciso approfondimento) quando
parla appunto di ‘liberare se stessi’ dai condizionamenti non solo materiali ma
soprattutto energetico-mentali-spirituali che impediscono il riconoscimento
della vera identità dell’essere umano e del cosmo.
Il Naturopata
tende a ‘liberare’ (rendere libero) se stesso e i suoi assistiti da tutti i
legami inibenti e condizionanti: questo è il vero percorso di guarigione, al di
là della mera scomparsa del sintomo fisico. Questi concetti sono sottintesi
dall’ art. 5 del Codice Deontologico del Naturopata intitolato ‘Concezione
olistica’ quando afferma che “Ogni uomo ha, nella sua particolare qualità
spirituale, una possibilità di perfezione e di forza. L'obiettivo
dell'educazione è quello di aiutare ciascuno a ritrovare, sviluppare ed usare
questa spiritualità. L'attività del Naturopata poggia, inoltre, sulla
convinzione che l'individuo può esprimersi nella sua completezza solo nel pieno
rispetto delle leggi della Natura, sulle quali è plasmata la vita”. Tale
completezza ha la sua base appunto sulla libertà, sull’affrancamento dell’uomo
come essere olistico inserito nelle leggi che regolano e plasmano la vita.
Il consenso
informato riflette quindi un approccio alla persona ed alla salute basato sulla
massima libertà di scelta possibile in quel momento e sul riconoscimento di
questa libertà come valore fondamentale per un corretto rapporto
assistente-assistito.
Di conseguenza,
il consenso informato può essere tale solo se esiste la possibilità di negarlo,
in accordo col concetto di libertà citato più sopra. Il rifiuto del consenso è
previsto, tra l’altro, dalla stessa Costituzione Italiana, art. 32/ 2.
L’operatore deve lasciare spazio anche a questa possibilità, rispettando non
solo le decisioni dell’assistito ma anche agendo in libertà e sintonia con se
stesso. Nell'art. 5 Rispetto del cliente delle “Regole per l’esercizio della
professione” del Codice Deontologico del Naturopata si legge tra l’altro “Il
Naturopata è libero nell'esercizio della sua attività e può rifiutare la
prestazione se ritiene non sussista il necessario rapporto di fiducia con il
potenziale cliente”. Ovviamente per il bene sia personale ma anche soprattutto
per garantire una giusta e libera impostazione del percorso di guarigione con
l’assistito.
Un altro aspetto
del dibattito sulla “libertà” è quello previsto dalla legge: in caso di
particolari gravi rischi della comunità sono previste delle eccezioni
all’esercizio della libertà individuale. In questo modo il bene comune può
entrare in conflitto con le scelte individuali e può prevalere su di esse:
esistono ‘malattie’ considerate pericolose per la comunità per le quali è
prevista una fase ‘obbligatoria’ da imporre anche con la forza, per il bene
della collettività. Come deve comportarsi il Naturopata di fronte a questa
situazione? La risposta non è banale ed è difficile da generalizzare: l’unica
risposta è caso per caso ed è comunque quella che è in sintonia massima con i
principi etici della professione che prevede il massimo rispetto possibile
della libertà, compresa la libertà di scelta.
Terza parte
I principali aspetti che caratterizzano il
consenso informato sono: la libertà, l’informazione fornita alla persona e la
capacità (intellettiva, fisica e giuridica) della persona di esprimere
volontariamente il proprio consenso. Sul primo aspetto, la libertà, si è
parlato nel numero precedente. In questo numero verranno trattati gli altri due
aspetti e verranno proposte alcune riflessioni conclusive.
Gli operatori
hanno il dovere di informare i loro assistiti in modo chiaro veritiero,
accessibile. E' importante che l'informazione sia personalizzata: si deve tener
presente, cioè, il tipo di persona che si ha davanti, il suo retroterra
culturale, l'età, il contesto sociale e familiare, le eventuali condizioni di
stress in cui può trovarsi. L’atto comunicativo non deve mai ridursi ad una
fredda esposizione di nozioni. Il significato di “consenso informato” non deve,
cioè, mai ridursi a quello di ‘autorizzazione’ a procedere, soprattutto dalle
persone con un basso livello di istruzione, ma ci si deve assicurare che sia
interpretato il più possibile come una spiegazione semplice del trattamento e
del suo significato. Inoltre considerando che, in generale, solo una parte
delle informazioni fornite viene recepita ed assimilata, è importante che le
informazioni più rilevanti siano ripetute anche nelle sedute successive.
Tra le
indicazioni che dovrebbero essere date (durata del trattamento, effetti primari
e secondari, ecc.) ci sono anche quelle che riguardano il tipo e la gravità
dello squilibrio. In questo caso viene sollevato un serio quesito morale se si
debba dire sempre tutta la verità al paziente. Il dubbio non riguarda se dire
la verità (cosa del tutto scontata) ma sulla completezza dell’informazione. La
tendenza riflessa dal codice deontologico è quella di informare il più
possibile la persona. L’enfasi però andrebbe posta non tanto sulla proiezione
dell'esito della malattia (p.es. la degenerazione sicura di una malattia in una
più grave, o addirittura sull’impossibilità di una sua risoluzione) quanto
piuttosto sulla gravità della situazione attuale a causa del deterioramento
accumulatosi nel passato.
Il dovere di
fornire un’informazione vera implica anche che un’eventuale richiesta da parte
dei familiari di comunicare delle informazioni false non sia vincolante. In
caso di situazioni molto gravi esiste di fatto una difficoltà nell’esplicitare
le informazioni e per chi deve dare il consenso la capacità di fare una scelta
tra rischi diversi. Si può pensare comunque di affrontare queste situazioni con
l’aiuto di persone adatte che aiutino, più che ad ottenere un consenso ed un
indirizzo di scelta, a far comprendere e quindi far accettazione la situazione
di fatto.
Il diritto ad una
informazione veritiera è sottolineato nell’art.1 (Impegno etico) e 2 (Impegno
professionale) delle Regole per l'esercizio della professione del Codice
Deontologico del Naturopata, la dove si sottolinea che “Il Naturopata si
impegna ad esercitare la sua attività secondo coscienza. Egli mantiene un
comportamento giusto e leale con tutti, siano essi clienti, collaboratori o
terzi in generale…” (art. 1) e “Il Naturopata deve salvaguardare la serietà e
la credibilità della sua professione. Il Naturopata deve porre tutte le sue
conoscenze e capacità al servizio della professione e deve usare la massima
scrupolosità nell'educare ed indirizzare le persone verso la conservazione
dell'equilibrio energetico. Non dovrà mai scendere a compromessi rispetto ai
principi e alle regole che disciplinano la sua professione.” (art. 2).
Conclusioni
Il consenso
informato permette di avviare un processo in cui la persona partecipa in prima
persona ai momenti decisionali, almeno nella misura in cui consapevolmente ed
autonomamente sceglie di conferire all’operatore un diritto che l’operatore non
ha in sé, instaurando un rapporto di fiducia. E’ da notare che alle volte il
soggetto preferisce “non sapere”, delegando al terapeuta (persona ritenuta
competente) la scelta del percorso terapeutico: questo è un legittimo diritto
che non contrasta col consenso informato in quanto espressione di libera scelta
della persona (non di rinuncia all’autonomia), accordando fiducia a chi si
ritiene se la meriti.
Come si è
evidenziato nella discussione, il consenso informato non può essere
strumentalizzato facendolo diventare un semplice atto ‘difensivo’ da parte
dell’operatore che tende così a tutelarsi da possibile ‘danni’ a seguito del
suo intervento o come sorta di legittimazione ‘giuridica’ al suo operare (in
attesa del riconoscimento della sua figura professionale da parte della legge).
Il consenso informato è solo il rendere esplicito l’inizio di un percorso come
ricerca del bene dell’assistito.
Tratto da:
Università Popolate AICTO-Scuola di Naturopatia e Medicina Olistica
immagine dal web
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