In
realtà altri studi in passato hanno indagato su un possibile legame
tra musica, respirazione e ipertensione.
Un
gruppo guidato da Pietro Amedeo Modesti, docente di medicina interna
all’Università di Firenze, un anno fa ha pubblicato sul Journal
of Hypertension
una ricerca in cui si dimostrava che un’ora al giorno di esercizi
di respirazione lenta guidata da musica riduceva di circa 5 mmHg la
pressione media delle 24 ore, effetto che si manteneva per tutti i 6
mesi dello studio. «La chiave di tutto è la respirazione» spiega
Modesti. «La musica da sola non basta: anche nello studio giapponese
non c’è un ascolto passivo, ma accompagnato dal canto, attività
che obbliga a sincronizzare il respiro». A questo proposito sulla
rivista Arthritis
Care & Research
viene riportato il curioso caso di una paziente ipertesa la cui
pressione, innalzatasi eccessivamente prima di un’operazione al
ginocchio, è stata abbassata con l’aiuto dell’attività canora
della paziente stessa. Ma come spiegare questi dati? Secondo lo
studioso fiorentino, un ritmo del respiro più lento e controllato
influirebbe sull’attività del sistema nervoso simpatico
responsabile della vasocostrizione e quindi dell’innalzamento della
pressione. «In particolare», spiega Modesti,«c’è un aumento
della sensibilità dei barocettori, i sistemi che tengono monitorata
la pressione, che tornano a funzionare in modo più efficiente.
Questo sarebbe il motivo per cui regolare la respirazione può avere
un effetto duraturo sulla pressione e non solo transitorio».
L'articolo
che ho voluto condividere con voi è estratto dal sito:
http://www.corriere.it/salute/cardiologia/
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